Palazzo Spinola di Pellicceria

Storia


Edificato alla fine del XVI secolo (1593) per volere di Francesco Grimaldi, il palazzo viene subito inserito nei rolli e citato nella edizione rubensiana. L'edificio nel 1641 viene ceduto, per saldare un debito, dai Grimaldi ai Pallavicini (unica compravendita nella storia del manufatto); successivamente, per passaggi ereditari ininterrotti, viene trasmesso dai Pallavicini ai Doria e infine agli Spinola agli inizi del XVIII secolo. Edificio dai caratteri propri dei palazzi genovesi tardocinquecenteschi, alla maestosità dell'impianto architettonico si affianca lo splendore dei vani interni. La costruzione iniziale presentava una forma a “U” con le due ali collegate dal porticato, che in seguito fu chiuso. Con l’ultimo passaggio di proprietà (agli Spinola appunto), il Palazzo fu parzialmente modificato. Della prima versione dell’edificio, ha lasciato documentazione Pier Paolo Rubens, inserendo l’incisione della facciata nel volume "I palazzi di Genova" da lui pubblicato ad Anversa nel 1622. Grazie a questi disegni, è documentato l’originario collegamento tra le due ali del palazzo con un loggiato aperto e, in corrispondenza del secondo piano, con una terrazza su cui fu costruita nel 1734 la maestosa Galleria degli Specchi. Il loggiato invece fu chiuso nel Seicento. I primi due piani di Palazzo Spinola sono stati conservati così come apparivano agli occhi degli ospiti dell’epoca, mentre i piani superiori, distrutti dai bombardamenti della guerra, sono stati ricostruiti secondo criteri di allestimento museale del tutto moderni.

Struttura archiettonica


Esterni

Lo stabile è ubicato nel suggestivo slargo di Piazza Pellicceria, nel centro storico di Genova. L’entrata del palazzo è oggi situata in piazza Pellicceria Superiore, raggiungibile attraverso un importante portale di marmo, mentre una volta l’ingresso principale era posizionato sulla piazza Inferiore, attraverso cui si accedeva all’atrio e al cortile interno.

Facciate

La ristrutturazione settecentesca delle due facciate, ne ha cancellato l'aspetto originale; infatti sia la facciata Nord che la facciata Sud furono ridecorate a stucco. Gli ultimi lavori, in ordine cronologico, si sono conclusi nelle ultime settimane del 2009 con il restauro di due portali cinquecenteschi inseriti nelle facciate del palazzo, eseguito da Monica Piatti grazie al sostegno degli eredi della marchesa Elena Spinola.

Interni

All'interno dell’edificio sono esposte le collezioni d'arte che gli Spinola donarono allo Stato Italiano assieme al Palazzo e ai suoi arredi (le raccolte sono state comunque arricchite da acquisizioni successive). Il percorso si articola in quattro piani e propone opere di importanti e riconosciuti pittori quali Antonello da Messina, Tintoretto, Van Cleeve, Grechetto, Domenico Piola, Rubens, Bernardo Strozzi, Van Dick, Domenico Fiasella. Il percorso è impreziosito dall'ambientazione delle sale decorate da De Ferrari, Tavarone e Galeotti. Negli ambienti espositivi è stato mantenuto l'arredo d'epoca. Al terzo e al quarto piano del palazzo è allestita la Galleria Nazionale della Liguria, dove è possibile ammirare uno spaccato della cultura artistica genovese grazie ad opere come la “Giustizia” di Giovanni Pisano, gli “Angeli” del Giambologna“ e il “Ritratto equestre di Carlo Doria” di Rubens. Da menzionare le sale di rappresentanza come il Salotto Verde (al primo piano) affrescato da Lazzaro Tavarone con le imprese dei Grimaldi e la spettacolare Galleria degli Specchi (al secondo piano) così come la arredò Maddalena Doria Spinola, o ancora la cucina con i suoi focolari e i lavelli di marmo e la sala da pranzo con gli arredi ottocenteschi. Purtroppo le camere da letto, le stanze private e gli ambienti della servitù sono andati perduti a causa dei bombardamenti dell’ultima guerra, quando gli ultimi due piani dell’edificio vennero danneggiati: i marchesi Spinola, consapevoli delle condizioni di questi piani ormai privi di significative caratteristiche artistiche o storiche, nell’atto di donazione non li compresero nel vincolo alla conservazione già proponendo come possibile utilizzo il farne sede della allora costituenda Galleria Nazionale della Liguria, cioè di una sede museale dove esporre le acquisizioni dello Stato italiano, aldilà della donazione Spinola, destinate ad arricchire il patrimonio ligure.

Opere notevoli


Dipinti

- Primo piano, primo salotto:

"Resurrezione di Cristo", attribuito a Domenico Tintoretto (olio su tela).


- Primo piano, secondo salotto:

"Ritratto di Ansaldo Pallavicino" di Anton van Dyck (olio su tela);

"Ritratto di Agostino ed Ansaldo Pallavicino in occasione dell’ambasciata a Luigi XIII di Francia" di Domenico Fiasella detto il Sarzana (olio su tela).


- Secondo piano, secondo salotto:

"La Vergine Addolorata" di Bernardo Strozzi (olio su tela).


- Secondo piano, terzo salotto:

"Vergine in preghiera" di Joos van Cleve (olio su tavola).


Affreschi

- Primo piano, salone:

"Lisbona assediata dall’esercito del duca d’Alba" (al centro), Lazzaro Tavarone.


- Secondo piano, salone:

"Eroi della famiglia Grimaldi" di Lazzaro Tavarone (1615).

Curiosità


Nel 1958 i marchesi Paolo e Franco Spinola, non avendo eredi diretti, decisero di donare allo Stato Italiano l’intero palazzo, con la clausola inderogabile che ne fosse mantenuto l’aspetto di dimora (fatta eccezione per il terzo e quarto piano, gravemente danneggiati durante la guerra)

 

Le Guide


l palazzo venne edificato nel 1593 sulle fondamenta delle vecchie case medioevali site nell'area dell'odierna Piazza Pellicceria, per poi diventare il palazzo di Francesco Grimaldi. L'edificio verrà in seguito comprato da Ansaldo Pallavicino (figlio del Doge Agostino) verso la metà del Seicento passando, per via ereditaria, nelle mani di Maddalena Doria, il cui libro dei conti sarà fondamentale per la catalogazione delle opere. Con il matrimoni tra Maddalena e Niccolò il palazzo prenderà il suo nome attuale.
Il Palazzo vide, nel corso della storia, il susseguirsi non solo di una notevole schiera di personaggi, ma con essi, anche l'effimero cambiamento di gusto.
L'unica rappresentazione di come fosse la facciata originaria, ci è offerta dalla mano di Rubens tramite la sua opera I Palazzi di Genova, che la rappresenta dipinta a fresco con finte quadrature architettoniche; vi era un loggiato aperto sovrastato da una terrazza, oggi scomparsa per la costruzione della Galleria degli specchi che chiuse ed innalzò il corpo centrale. La ristrutturazione Settecentesca delle due facciate, ne ha cancellato l'aspetto originale: sia quella a Nord che quella a Sud, furono decorate a stucco.
Del decoro seicentesco si è trovata conferma indiretta grazie al tardo recupero del 1993 degli affreschi del Primo Piano Nobile, occultati nel secondo dopo guerra.
Fino al 1958, il palazzo, nei suoi spazi al pian terreno, fu occupato da negozi; furono i marchesi Franco e Paolo Spinola che nello stesso anno lo donarono allo Stato Italiano, il quale seguendo le clausole dettate dai due, ne fece l'istituto museale che oggi noi tutti conosciamo.

 

Le Guide


Carlo Giuseppe Ratti, 1780

La descrizione del palazzo riportata nelle guida di Carlo Giuseppe Ratti è molto dettagliata soprattutto per quanto riguarda la collezione di quadri: «ove il primo piano nella sala sono pitture del Tavarone, che nella volta di mezzo ha effigiata una gloriosa impresa d'un signore di casa Grimaldi, che sotto vi si legge: "Philippi II auspiciis ductuq Atvce Ducis Ferdinandi Lisbona vi capitur fugato Antonio Lusitaniae Rega Regnum sibi vindicante"; e nella sala al secondo piano vi sono altre pitture dello stesso Tavarone, e dimostrano alcune gloriose imprese di Renato Grimaldi, ottenute da lui in Fiandra, e specialmente nella presa di Silisca sotto gli stendardi del re di Francia, di cui fu grand' Ammiraglio, e qulla di mezzo rappresenta il trionfo dello stesso Eroe. Li ornamenti, che or queste pitture circondano, vi sono stati sostituiti in luogo degli antichi da Gio Battista Natali Piacentini. In questa sala sono quattro sopra-porti, due con figure di filosofi di Domenico Piola, e due con arti liberali di Gregorio de Ferrari. Così i due quadri di bestiami nelle principali facciate, del Castiglione. Ma passando ora con ordine ai salotti di bellissimi quadri adorni, ne estenderemo qui una breve notizia cominciando dal primo, nella cui volta Sebastiano Galeotti effigiò a fresco Psiche, che avanti un consenso di Numi porge la mano allo Sposo Amore, in cui sono ornamenti del summentovato Natali, diremo, che i quadri che l'adornano sono: un quadro istoriato con Martire S.Lorenzo, dello Spagnoletto. Un ritratto in piedi d'un fanciullo del Vandik, di meravigliosa bellezza. Sono questi, due quadri pastorali del Bassano. Un ritratto d'uomo sguainante la spada, bellisima mezza figura diGiorgione. Il ritratto del Doge Andrea Spinola Cristophori, fatto dal Vandik, figura intera, e piena di tutti i numeri dell'arte. Altro ritratto d'uomo sopraporta di celebre, ma a me incognito autore. Sottto questi quadri due altri di bestiami, del Castiglione. Due altri ritratti di Femmine, figure fino al ginocchio del Vandik, singolari ambedue. In mezzo a questi un quadro istoriato col martirio di s.Bartolomeo, dello Spagnoletto. Sotto di essi due quadri pastorali del Bassano. Secondo salotto: sopra la porta d'entrata una mezza figura di ritratto d'uomo, del Tintoretto. Un quadro grande istoriato con s.Anna, che insegna leggere alla Verginella Bambina, de'più conservati, e studiati di Luca Giordano. Esterre avanti Assuero, quadro in mezze figure di Luca Cambiaso', e del suo bello stile. Un quadro d'animali di Sinibaldo Scaorza Compagno a questo un bellissimo paese di Gasparo Dughet, volgarmente detto Gasparo Passino. Un s.Girolamo, che ode il suon della tromba, di stile del Lanfranco. Un altro con la trovata di Mosè d'esso Lanfranco. Sotto questi due quadri quattro mezze figure degli Evangelisti, opere finamente condotte dal Vandik. Un quadro grande di Guido Reni, il cui soggetto sembra essere l'amore sacro, che legato l'emolo amor profano, e toltogli il carcasso, e i dardi gli abbrucia. Accanto a questo, due quadri in mezze figure del Cav. Benedetto Luti, rappresentanti, l'uno due Vestali col fuoco, l'altro la Giustizia, e la Pace. Sotto di questo un quadro d'un osteria, d'Autore Fiammingo. Una mezza figura d'un Cristo. Un altro d'una 'Addolorata, ambedue di 'stile Fiammingo. Sopra questi una mezza figura d'un Evangelista, d'autore incognito. La volta di questo salotto è dipinta dall' Abate Ferrari, e ne forma l'argomento Imeneo con altri amorini. Terzo salotto: un quadro grande con Mosè che indroduce gli animali nell'Arca. Questo è uno dei più belli, e ben conservati quadri del Castiglione. Sotto di esso un altro più piccolo dello stesso argomento, ed autore. Una testa di ritratto del Vandik sullo stile del Rembrandt. Santa Caterina da Siena, cui Cristo toglie il cuore, del Vanni. La cena di Cristo con gli Apostoli, di Giuliocesare Procaccino; idea di quella fatta poi in grande dello stesso autore per la Chiesa dell' Annunziata del Guastato. Un sacrifizio di Noè, di stile del Cav. Benaschi. ovale della Madonna col Bambino e s. Giovannino, d' Andrea del Sarto. Altro ovale dello stesso soggetto, di stile Raffaellesco. Altro quadro d'animali in grande, del Castiglione. Sotto di esso altro più piccolo pur d'animali dello stesso autore, e che gira inciso da lui. Quadro piccolo dell'adorazione dei Magi, d'autore Fiammingo. Un disegno bellissimo fatto a due Lapis, di Carlo Maratti. Argomento di questo disegno è il Marchese Nicolò M. Pallavicini guidato dal Genio al Tempio della Gloria, e in atto tale ritratto dello stesso Maratti, assistito dalle tre Grazie, con indietro la Fama, che scrive nello scudo di Pallade. Il tutto poi è spiegato per un'ottava del Pittore, che sotto vi si legge, ed è la seguente: "Viddi, o Signor, che della Gloria al Tempio Ti toglieva il bel Genio, e viddi poi Scriver colei, che dell'oblio fa scempio Su lo scudo di Palla i pregi tuoi. Viddi, che a farsi altrui d'onore esempio Correa la Fama, e offriati io tutto espresso Su i lini, e in te spero eternar me stesso." Un ovale della Vergine col putto dormente, d' Orazio Gentileschi. Le prospettive di questo salotto sono di Marco Sacconi Fiorentino. E' ora da vedersi la vaga, e linda galleria, nel cui mezzo L' Abate Lorenzo Ferrari ha dipinto Venere che scuopre amore dormente, e Bacco; e nelle due fronti di essa sono in due ovali dipinti, in uno amore, che Lotta con Pan, e nell'altra Galetea fra l'onde, e comecchè molte altre cose di questo Ferrari abbiate già vedute, pur queste tanto vi piaceranno, che le migliori dovrete giudicarle. Sono in questo Palazzo altri quadri del Piola, e del Castiglione, e quì pure si conservano i modelli in tele ad olio dipinti da Gianbattista Carlone dei quadri a fresco condotti nella chiesa di San Siro. Non devo altresì lasciar di dire d'aver già nelle mezzarie vedute due bellissime mezze figure, d'un Cristo, e d'una Vergine del già menzionato Cavalier Luti, che sono d'una graziosa delicatezza»

Anonimo, 1818

Il Palazzo è oggi sede della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola. Venne eretto nel secolo XVI per i Grimaldi e passò agli Spinola nel secolo successivo.
La descrizione fornita dall’Anonimo è precisa e dettagliata: «Ha questi due superbe facciate con porta sulle due’ piazze, dette di Pelliceria Superiore, ed Inferiore, entrambe adorne da bei rilievi in istucco, con vasto cortile fra esse.
Sono in esso al primo piano nella sala pitture del Tavarone, che nella volta di mezzo ha effigiata una gloriosa impresa d’un Signore di Casa Grimaldi, […] e nella seconda al secondo piano vi sono altre pitture dello stesso Tavarone, e dimostrano alcune gloriose imprese di Renato Grimaldi, ottenute da lui in Fiandra, e specialmente nella presa di Silioca sotto gli stendardi del Re di Francia, di cui fu grand’Ammiraglio, e quella di mezzo rappresenta il trionfo dello stesso Eroe. Gli ornamenti, che or queste pitture circondano, vi sono stati sostituiti in luogo degli antichi da Gio’. Batta Natali Piacentino. In questa sala sono quattro sopra porte, due con figure di filosofi di Domenico Piola e due con arti liberali di Gregorio De Ferrari»

L’Anonimo descrive la quadreria procedendo di salotto in salotto, fornendo notizie anche sulla decorazione a fresco.
«Ma passando ora con ordine ai salotti […] eccone una breve notizia cominciando dal Primo, nella cui volta Sebastiano Galeotti effigiò a fresco Psiche, che avanti un consesso di Numi porge la mano allo sposo Amore, di cui sono ornamenti del summentovato Natali.
[…] Secondo Salotto […] La volta […] è dipinta dall’ Abbate Ferrari, e ne forma l’argomento Imeneo con altri amorini» .
L’autore passa quindi a descrivere la Galleria, definendola: “vaga e linda”, al centro della quale «l’abbate Lorenzo Ferrari ha dipinto Venere, che scuopre Amore dormente, e Bacco; e nelle due fronti di essa sono in due ovati dipinti, in una Amore che lotta con Pan, e nell’altra Galatea fra l’onde, e com’entri molte altre cose di questo Ferrari siensi già vedute, ti piaceranno tanto, che le migliori abbiansi a giudicare» .
Molti sono i quadri e i disegni citati, compresi «i modelli in tela ad olio dipinti da Gio’. Batta Carlone dei quadri a fresco condotti nella chiesa di S. Siro»

Federico Alizeri, 1846 (Manuale del forestiere per la città di Genova)

Federico Alizeri ci è, in questo caso molto utile, nella descrizione del terzo salotto del secondo piano nobile, ai giorni nostri la decorazione è andata persa. Si legge nel Manuale del 1846: «[…] Le prospettive di questo son lavoro di Marco Sacconi.» Aggiunge quindi un puntiglioso elenco delle opere presenti nella ricca quadreria compresi, come opere d’arte facenti parte della collezione, gli studi degli affreschi della chiesa di San Siro ad opera di Gio. Battista Carlone.

Jacob Burckhardt 

Burckhardt nel Cicerone descrive le decorazioni di Palazzo Spinola, all'interno del capitolo dedicato alla decorazione dipinta a Genova, le decorazioni eseguite da seguaci di Perin del Vaga, sono ritenute misere imitazioni delle opere del maestro: «In generale si ripete, negli atri e nelle scale dei palazzi più antichi, un sistema di arabeschi alquanto miseri, con poche figure di fantasia, su di un fondo bianco, adatto a questi vani per lo più poco illuminati; le decorazioni incorniciano spesso quadri centrali con scene storiche e mitologiche; altre volte il quadro predomina più di quanto dovrebbe in questi vani e particolarmente se in esso lo spazio è trattato con maggiore verosimiglianza storica di quanto sia accettabile nelle pitture dei soffitti.»
Burckhardt aggiunge di seguito che: «L'idea dei migliori arabeschi del genere più antico si ha nelle logge, scale e atri de seguenti palazzi»

Federico Alizeri, 1875

Situato in Piazza di Pellicceria nei pressi di Via San Luca, il palazzo è descritto dettagliatamente da Alizeri; in modo particolare è elencata l’intera quadreria di cui io farò solo breve cenno.
«Del Tavarone si gloriano entrambe le sale dei due appartamenti; e mostrano imprese de’ Grimaldi, alla cui progenie è dovuta l’origine del […] palazzo» .
Alizeri critica il restauro eseguito nel 1736 sostenendo, che la decorazione a stucco, eseguita dal Natali, contrasti, per disattenzioni prospettiche, con il rigore del Tavarone. Durante questo ciclo di restauro la quadreria venne notevolmente ampliata.
«[…] dentro un primo salotto Sebastiano Galeotti, con esso il Natali, favoleggiò le nozze di Psiche e d’Amore.
[…] Nel salotto secondo v’invita l’abate de Ferrari con un affresco d’ Imeneo festeggiato dagli Amori, e un’accolta di tele […] copiosa e […] varia. […] Franceschini […] Rubens […] Valerio Castello […] Cambiaso […] Vandik.
[…] Il Sacconi da solo adornò ad opera di prospettive un terzo salotto in cui pendono: un Viaggio di Giacobbe del Castiglione […] e un fanciullo soprammodo verace, ritratto del Vandik.
In altri salotti attigui vedreste le bozze de’ mirabili affreschi di G.B. carlone che ci attendono in non molto a S.Siro, e con esse gli evangelisti del Vandik, un’allegoria d’Amore gran quadro del Reni.
[…] Non ci sfugga per ultimo la galleria se ci aggrada il conoscere fin dove poggiasse l’ab. de Ferrari. V’han di suo tre favole, l’una nel vòlto allusiva ad Amore, e due sovra i lati, di Pane e di Galatea.
Discendendo al cortile mandiamo un saluto a quel marmo che porta l’effige equestre di Francesco Spinola liberator di Gaeta e vindice della genovese libertà, fiancheggiata da due angeli o genj, che giusta lo stil sepolcrale del secolo XV discopron l’eroe sotto i veli di un quasi tabernacolo.» Alizeri critica molto il fatto che la statua, fino a poco tempo prima, giacesse in stato di totale abbandono.

Le immagini


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Bibliografia


Ennio Poleggi (a cura di), "L’invenzione Dei Rolli: Genova, Città Di Palazzi", Milano, Skira, 2004.

Ennio Poleggi (a cura di) "Una Reggia Repubblicana : Atlante Dei Palazzi di Genova" , Torino, Umberto Allemandi & C. , 1998.

Gioconda Pomella (testi a cura di), "Palazzi dei Rolli", Genova, De Ferrari, 2003.

Rotondi Terminiello G. e Simonetti F., "La dimora degli Spinola a Pellicceria", Genova, Tormena Editore, 1987.

Touring Club Italiano, "Liguria", Guida d’Italia, sesta ed., Milano, 1982.

Bibliografia Guide


  • Alizeri Federico, (Attribuito a) Manuale del forestiere per la città di Genova, Genova, 1846 pag. 75
  • Alizeri Federico, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Bologna, Forni Editore, 1972 pag. 134-135
  • Burckhardt Jacob, Il Cicerone. Guida al godimento delle opere d’arte in Italia, Sansoni, Firenze 1952, pag. 314
  • Poleggi Ennio e Poleggi Fiorella (Presentazione, ricerca iconografica e note a cura di), Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, Sagep, 1969 pag. 172-173
  • Ratti Carlo Giuseppe, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura et architettura autore Carlo Giuseppe Ratti pittor genovese, Genova, Ivone Gravier, 1780, pag. 138-144
Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022